Il tuo bambino ha crisi di rabbia, ti provoca, ti fa perdere le staffe? Capita a molti genitori… La domanda che tutti ci poniamo è come reagire? Quali sono le risposte giuste di fronte ad un bambino che ci sfida? Ecco tre semplici regole…
Il primo errore da evitare è quello di accettare la sfida…
Facciamo un po’ di chiarezza sui piani: esiste un livello di interazione adulto ed uno infantile e noi genitori dobbiamo sapere bene qual’è quello che ci caratterizza.
Certo noi adulti ancora ricordiamo il livello infantile e siamo in grado, quando lo desideriamo, di utilizzarlo.
Per nostro figlio è diverso naturalmente, lui conosce sono il modo di interagire di un bambino!
Quando il nostro bambino lancia una sfida di fatto ci invita a giocare su un livello paritario al suo, un livello con regole che ormai, in quanto adulti, non ci appartengono più.
Il paragone con il gioco non è casuale, perché in effetti se ci ricordiamo che il bambino quando gioca lo fa sul serio la sfida può essere intesa proprio in questo modo.
Se noi accettiamo di giocare implicitamente accettiamo di stare alle sue regole, prima tra tutte quella del rilancio; non ci deve sorprendere in questo contesto se alla nostra risposta diciamo “accesa” il bambino metta in atto un’ulteriore provocazione.
Nel gioco della sfida vince chi la spara più grossa, o chi urla di più…
La soluzione? Rifiutarsi di giocare!
Un semplice commento come “quando ti comporti in questo modo non capisco cosa vuoi, ora ti prendi del tempo per calmarti e poi mi spieghi” potrebbe essere sufficiente ad arginare il fiume in piena…
Un secondo consiglio: la rabbia è un’emozione!
Come tutte le emozioni, la rabbia possiede alcune caratteristiche peculiari tra cui il fatto di essere involontaria e contestuale.
Facciamo un piccolo test… proviamo ad evocare volontariamente un emozione… provate ad essere spontanei!
Non ci riuscite? Non preoccupatevi, è normale.
La realtà è che le emozioni non si controllano, caso mai si impara a gestirle, a modulare i comportamenti che ne conseguono.
Ecco allora che la provocazione lanciata dal nostro bambino può diventare un’occasione per insegnargli qualcosa… ad esempio che ci sono modi più accettabili per manifestare la rabbia e la frustrazione.
Sì perché la rabbia e la reazione ad una frustrazione non sono solo risposte ad una situazione contestuale ma rappresentano anche importanti risorse per un bambino così come per l’adulto.
Proviamo ad esempio a pensare all’agonismo mostrato nello sport o alla capacità di reagire dopo un brutto voto preso a scuola.
Oppure riferiamola ad una dinamica tra pari in cui nostro figlio viene trattato male da un coetaneo; preferiamo che subisca in silenzio, magari identificandosi con quanto gli viene detto, o che reagisca?
Ecco allora che anche la rabbia ha una sua importantissima funzione!
Si tratta allora, come in infinite altre occasioni, di insegnare al nostro bambino ad esprimerla attraverso i giusti canali…
Infine, fornire uno spazio per comprendere il significato della provocazione.
La sfida ha un significato, vuol dire qualcosa…
Il problema è che il messaggio del bambino viene inviato attraverso i canali sbagliati!
Il linguaggio infantile è piuttosto povero per quanto riguarda le emozioni che vengono quindi comunicate attraverso modalità che per noi adulti sono ormai obsolete ed incomprensibili.
Una di queste modalità implica far sentire l’altro, la mamma e il papà, come mi sento io… Così capisce!
Niente di più lontano dalla realtà perché se mio figlio si arrabbia e come tentativo per farmi capire mi fa arrabbiare l’unica cosa che capisco io è che mi provoca, mi sta sfidando, mette in discussione il mio ruolo, io a mio padre/madre non avrei mai osato rispondere in questo modo… e così via, in una catena di pensieri, associazioni, ricordi ed emozioni che mi allontanano irrimediabilmente da ogni possibilità di capire.
In questi casi, che ricordiamolo sono comuni a tutti i genitori, è necessario uno stop!
Torniamo alla prima indicazione, rifiutiamoci di accettare la sfida, prendiamo tempo ed interrompiamo la comunicazione.
In un momento successivo, dopo aver dato al bambino ma anche a noi stessi del tempo per calmare gli animi, possiamo chiedergli cos’è successo, come mai si è arrabbiato e cosa possiamo fare per aiutarlo.
Stando sempre attenti a non confondere aiutare con accontentare!
Questa pausa spesso è sufficiente a creare uno spazio in cui raccontare le emozioni e capire cosa le muove.
Uno spazio importantissimo perché i bambini (e spesso anche gli adulti!) per capire come si sentono ed imparare a gestire i propri comportamenti hanno bisogno di poter sperimentare le loro emozioni e di poterne parlare senza paura di censura.
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