Qual’è il rapporto tra un preadolescente e la scuola? Quali sono le priorità dei nostri ragazzi? Come possiamo trasmettere ai nostri figli l’importanza dello studio e dell’impegno scolastico? Scopriamolo insieme…
In questo post cercheremo insieme di esplorare un argomento importante e difficile per ogni genitore di un preadolescente… il rapporto con la scuola.
Ovviamente non ho la pretesa di chiarire ogni dubbio o di offrire soluzioni magiche. L’obiettivo, piuttosto, è quello di trasmettere in che modo i nostri ragazzi percepiscono l’impegno scolastico, dove si colloca il “dovere” nella loro scala di valori e come usare queste informazioni per impostare il nostro intervento educativo.
Partiamo da un esempio concreto, un dialogo tra un padre ed il figlio Andrea che ha preso un brutto voto in matematica…
A: Ah, ciao papà. Non c’è la mamma?
P: E’ andata a fare la spesa. Come stai? Com’è andata la tua giornata?
A: Abbastanza bene…
P. Non dovevano mica ridarti il compito di matematica oggi?
A. Ehm…sì.
P. E allora?
A. Ho una notizia buona ed una meno buona…
P. Dimmi prima quella cattiva…
A. Ho preso 5… Però è andato male a tutti! Era davvero difficile… La prof è proprio un’infame!
P. Cioè fammi capire… Siccome è andato male a tutti allora non conta?
A. Beh, era davvero molto difficile, solo i secchioni sono riusciti a prendere la sufficienza…
P. Ti ricordi per caso quando domenica io e la mamma ti abbiamo detto di ripassare? Che forse ti faceva bene fare altri esercizi?
A. E perché? Non ce li aveva mica dati… Mi chiedete sempre di fare cose in più!
P. Forse se ti fossi esercitato oggi avresti portato a casa un risultato diverso….
A. Uffa, rompi sempre le scatole! E poi mi spieghi a cosa serve la matematica? Da domani non studio più… Vado in camera mia
Un dialogo fin troppo comune…
Ma cosa notiamo? Quali indicazioni ci forniscono le parole di Andrea? Proviamo a ragionarci insieme…
La prima cosa che probabilmente ci colpisce è che il ragazzo mostra una visione piuttosto parziale della realtà. Nello specifico, rileggendo le sue parole ci accorgiamo del suo tentativo di cercare alcuni motivi “validi” per giustificare un risultato negativo.
In particolare Andrea sembra mostrare la tendenza a generalizzare ed a spostare all’esterno le responsabilità (attribuzione di cause esterna).
Possiamo poi notare la presenza di una forte energia emotiva (un aspetto certamente positivo) che si trasforma in breve tempo in impulsività e polemica.
Vi è poi un’evidente difficoltà a sostenere un dialogo sulla frustrazione, con conseguente chiusura dei canali comunicativi.
Basta quindi una piccola critica e si scatena una rabbia esplosiva che chiude ogni canale, processo cui fa seguito in genere un movimento di allontanamento.
Ed è qui che noi genitori di solito perdiamo le staffe… A tal proposito vi invito a ricordare i consigli per gestire la nostra rabbia oggetto dei post precedenti.
Anche perché, come già detto in precedenza, lo scopo di quest’articolo non è quello di sostare sulla nostra assolutamente legittima frustrazione… Proviamo invece a trarre delle indicazioni da quanto emerso dal nostro esempio ed a capire come muoverci in situazioni come queste.
Ecco come vede le cose nostro figlio…
La scuola non è una priorità!
Lo sono invece l’ambito sociale, l’esplorazione, la conquista delle autonomie…
Questo ovviamente non significa che l’istruzione non debba essere prioritaria o che non abbia importanza per noi genitori né che non sia determinante per il futuro dei nostri ragazzi.
Sta quindi a noi educare all’importanza del dovere e dell’istruzione come mezzo per raggiungere i propri obiettivi, senza però perdere di vista che anche le esperienze con gli amici, i propri spazi ed i propri interessi hanno il loro valore.
Non è vero che non mi interessa!
Ecco, questa è la paura più grande di noi genitori… Se la scuola non gli interessa come farà a trovare un lavoro? Cosa farà della sua vita? Devo assolutamente trasmettergli quanto è importante, anche a costo di incatenarlo alla scrivania!
Stop! Fermiamoci un attimo…
Non è affatto vero che ai nostri figli la scuola non interessa, altrimenti non si arrabbierebbero in questo modo… E’ invece molto probabile che il nostro giudizio sia temuto, così come le nostre reazioni.
Cerchiamo quindi di parlare con tranquillità e di non farci trasportare dalle nostre paure! Ricordiamoci che per educare è necessario mantenere sempre aperto il dialogo…
Ora me ne vado!
Come abbiamo visto in precedenti post, le prediche ed i discorsi servono a poco… Così come alzare la voce e predisporre castighi e punizioni.
In un momento di crisi acuta, infatti, i nostri ragazzi sono completamente sordi ad ogni nostra parola.
Hanno invece bisogno di uno spazio per decantare e sbollire…
Aspettiamo quindi che il momento di picco emotivo passi, diamo ai nostri figli il tempo di calmarsi e successivamente aiutiamoli a capire che se il risultato non corrisponde alle loro (e nostre!) aspettative forse c’è qualcosa che non va nel loro metodo di lavoro…
Lascia un commento